[Rileggendo mi accorgo che avrei voluto scrivere qualcosa di molto più politico e meno personale ma mi riesce ancora troppo difficile, probabilmente Ornella continua ad essere invasiva persino nei ricordi, credo che ci sarebbe bisogno di altre parole su di lei anziché uno sproloquio di frammenti scritti di getto… ma per oggi mi va di ricordarla “semplicemente” come un’amica con uno schizzo incompleto].
Mi ritrovo per l’ennesima volta a provare a scrivere di Ornella e ancora una volta non riesco a trattenere le lacrime della rabbia e della mancanza. (Rido ad immaginare lei come avrebbe spiegato questa cosa: “Cosi come il politically correct… che cazzo vuol dire elaborazione del lutto?”). Ma stavolta ci provo a non fermarmi alle prime due righe, stavolta a due anni da quando è andata via ci provo davvero. Ornella!… come raccontarla a chi non l’ha conosciuta? Perché tanto di sicuro chi l’ha conosciuta ne ricorda ogni sorriso, ogni scomoda verità, Ornella è davvero stata una persona impossibile da dimenticare.
Ornella era nata nell’entroterra calabrese e fin da piccola ha subito l’arroganza e la violenza che può agire la cultura di quella terra e una famiglia che voleva farla schiava come ognuno di noi, ma Ornella non era domabile, Ornella da sempre ha avuto il coraggio di una leonessa… Ma questa non è la parte di storia dell’Ornella che conosco, di questo ho solo rari e sofferenti frammenti di racconto e rispetto la volontà di lasciarli insoluti come problema troppo grande da risolvere in un “primo ricordo”.
Ornella quando è nata si chiamava M*****o e lo rivendicava subito, appena ti conosceva, poi le si illuminava lo sguardo e ti diceva che lei era una neo-donna e tu invece “solo una stupida donna biologica”! Ornella si chiamava M*****o e per potersi chiamare Ornella aveva dovuto subire ore di tribunali e psicologi, ma raccontava orgogliosa come la causa si era conclusa con un mazzo di rose inviatole a casa da chi, ascoltandola durante la sua arringa, era rimasto colpito dalla sua lucidità, dalla sua determinazione, dal suo Essere. Ornella era un avvocato e provò a difendersi da sola, metafora atroce della sua vita.
Mi chiedo quanto sia giusto raccontare la sua storia, così dura e significativa ora che lei non c’è più, quanto io ne sia capace e degna, così come mi chiedo quanto sia giusto (e se ne avrò mai la forza) di pubblicare il resto del materiale girato in quel pomeriggio sulla Casilina, quando lei doveva solo fare una breve dichiarazione di due minuti e invece fu un travolgente fiume in piena, parlò ininterrottamente per due ore, lasciandomi incantata, aprendomi un mondo.
La prima volta che ho incontrato Ornella eravamo in una casa con vista paradossalmente su piazza San Pietro, Ornella era come sempre elegantissima e, nonostante le rimostranze della padrona di casa, non volle togliersi gli altissimi tacchi con cui continuò a graffiare per tutta la sera il parquet.
E’ quello che ha sempre fatto: graffiava orgogliosa e sprezzante il parquet benpensante di questo mondo, lasciava il segno e non permetteva a nessuno di negare, camuffare o dimenticare la sua esistenza… lasciava segni indelebili. La violenza della normazione e dei pregiudizi non le lasciava spazio o la relegava a stereotipi per lei soffocanti, la delegittimava ad ogni passo, e lei rabbiosa sbatteva i suoi tacchi per affermare instancabilmente il suo diritto inalienabile ad esistere.
Io ero appena arrivata a Roma e lei mi prendeva in giro perché l’unico autobus che prendevo per andare ovunque era il 105. Da quante riunioni-fiume saremo tornate tra la carne ammassata di quell’autobus e sempre mi sorprendeva l’innegabile attrito tra gli interventi assembleari e i racconti della tua vita con cui riempivi il viaggio… e quella notte, io e te uniche donne in un continuo di corpi stanchi e indifferenti, e tu con il tuo scialle e la tua voce alta hai svegliato tutto l’autobus con i tuoi racconti sugli uomini, sui clienti, sul sesso, di come siano in realtà poveri e tristi e impacciati, di come tutti gli uomini non siano altro che “clienti” solo che noi donne continuiamo ad accettare inspiegabilmente di “dargliela gratis” e in cambio riceviamo sopraffazione e machismo e orgogliosa dichiaravi “invece almeno se è me che vogliono, mi devono pagare”. Io ero tanto imbarazzata e un po’ divertita di quanto eri matta, tu che sapevi che l’irruenza e la provocazione erano l’unico modo che ti era concesso per guadagnarti tutto e subito, e a te non piacevano le attese inutili.
… Ornella e la forza di vivere sulla tua pelle ogni giorno tutte le tue contraddizioni non negandone mai alcuna, Ornella e la tua instancabile volontà di vivere fino in fondo e in prima linea ogni cosa che dicevi, Ornella e il tuo rivendicare sempre il tuo spazio…
Con Ornella ho spesso litigato ferocemente, anche se le bastava inviarmi un sms di “lotta e affetto” e io non riuscivo più a trattenere il bene che le volevo. Sapeva che per farmi innervosire bastava cominciare a sproloquiare in latino, io che arrivo al massimo al rosa rosae, oppure affermare che gli uomini di destra scopano meglio (sapeva bene dove colpirmi incarnando quasi perfettamente lo stereotipo della donna biologica), la provocazione è sempre stata la sua arma preferita. Ornella non tentava assolutamente mai di “piacerti” o compiacerti, spesso non era per niente dolce, aveva il sangue caldo e irrequieto di chi troppe volte ha subito il potere, la sopraffazione, l’ingiustizia. La lite più efferata è stata su corpo e mente: abbiamo litigato quando mi ha detto feroce e sprezzante che io vendevo la mia mente, che io non ero mai libera, che perdevo il mio tempo in “lavoretti”, mentre lei scendeva a compromessi col capitale solo col suo corpo ed era il suo modo di ribellarsi, doveva in qualche modo almeno evidenziargli la loro palese contraddizione, lei non avrebbe mai piegato silenziosa la sua dignità e la sua intelligenza al ricatto come io facevo e faccio.
Poi ricordo una telefonata, poche parole ma io non ero a Roma e invece Ornella aveva bisogno di un’amica vicina. La protervia maschile (ahah… sto parlando come te… “protervia” lo usavi solo tu!) non accettava che una prostituta potesse essere autodeterminata, un coltello aveva deciso di punirla… quando me l’ha raccontato restai sconcertata soprattutto perchè per lei non era stata quella la violenza peggiore, il peggio era stato in ospedale, era stato il comportamento sdegnoso e freddo dei medici in quanto lei era solo una puttana e dunque meno degna di ricevere cure e rispetto. Quella è stata l’unica volta in cui nel suo racconto ho avvertito un’accusa, ho sentito chiaramente la rabbia di chi dice “tu non puoi comunque mai capire”.
…Ornella e il mondo “perbene”, quello della repubblica fondata sul lavoro, Ornella che prova a lasciare la prostituzione, che si accorge che a lei neanche il diritto al lavoro è garantito in questa repubblica fondata sull’ignoranza. Ornella che sogna un compagno, una carezza, Ornella che sogna magari di ritornare al sud, in campagna o forse no, meglio la Svezia… Ornella che sogna come tutte le donne…
Quanto abbiamo riso quella sera con due bottiglie di vino raffreddate nella vasca, Ornella che mi raccontava di un magnifico cappello, di un uomo dolcissimo. La mattina dovevano sfrattarla da quella casa, io tentavo ingenuamente di trattenere “la sua corsa”, se avessi capito allora che era lì che cominciava il tuo tuffo verso il fondo, che eri comprensibilmente stanca… Mentre portavamo via le sue cose impacchettate (… non sono mai più tornate con te), organizzammo in una notte un presidio per frenare uno stupido ufficiale giudiziario e intanto ci “distraemmo” andando come due impazzite in una ferramenta: ci serviva una quantità imprecisata di cemento e, senza troppi giri di parole, Ornella chiese al commesso “Ma per otturare le tubature di una casa quanto ce ne vuole?”… il commesso ci guardava incredulo… ahaha! E abbiamo aggiunto alla spesa due bombolette spray.
… Ornella la tua rabbia, Ornella il tuo non fermarti davanti a nulla, Ornella la tua risata che seppelliva indecentemente chiunque incontrava…
E perchè cazzo non riesco a smettere di piangere…
2 maggio 2008 ero al museo del prado, appena ho scorto il Guernica di Picasso, ho sentito vibrare il cellulare… e il silenzio misto ai singhiozzi dall’altro capo del telefono erano così espliciti, è stata la prima volta che ho sentito dire il tuo nome sottovoce…
… Ornella e la sua tomba che nessuna di noi ha mai visto. Ornella rispedita da questa “solita repubblica” alla famiglia, a chi (almeno in parte) aveva voluto dimenticarla già da anni. Mi chiedo ancora che nome ci sarà impresso sulla lapide, mi riprometto di andarci prima o poi, quando l’avrò davvero capita…
L’ultima volta ci eravamo viste in un bar a Torpigna e le condizioni in cui l’ho incontrata non ho mai saputo davvero da cosa erano motivate, il suo sguardo era spaventosamente diverso, non feriva più con la sua fierezza chiunque lo incrociasse. Con se aveva soltanto il suo libro di svedese, quel sogno era l’unica cosa a cui si aggrappava ma stranamente con poca convinzione, era stanca ma non lo diceva, non lo ha mai detto; ricordo che le ho urlato contro ma lei come al solito urlava più di me, le ho detto che in un viaggio verso l’autodistruzione io non l’avrei mai accompagnata… avessi compreso allora che quel rifiuto mi avrebbe comportato un autodistruggermi, una rimessa in discussione personale senza ritorno… poi fine, poi non l’ho mai più rincontrata. Ho saputo dalle altre amatriciane che continuava, che aveva deciso… e mi ero anche ripromessa di chiamarla appena tornata da Madrid, ero stupidamente certa di poterla convincere a fare anche solo un passo indietro…
Invece forse è stato meglio così o forse tento ancora una volta di giustificarmi… pensare altro non lo sopporto, non ce la faccio, non sono ancora forte come te nell’accettare i miei errori, le mie inadeguatezze…
Voglio ricordarti così, che urli, che litighiamo in un bar allibito da due matte… l’ultimo periodo apre troppo dolore per chi non ha saputo o potuto esserti vicino, io sono quasi sicura che tu avevi scelto, perché anche le leonesse si stancano, ma sta sicura: hai lasciato tante altre piccole leonesse che provano ogni giorno a far risuonare in questo mondo quel tacco e quella risata.
Eppure Ornie tu ci hai sbattuto in faccia ancora una volta quanto siamo inadeguate, quanto il nostro parlare di cambiamento, di rifiuto della famiglia come istituzione, di diritto alla casa, di Rivoluzione sia un blaterare che promette tanto ma che continua ad avere troppi pochi legami con le difficoltà materiali e con chi ha Bisogno della rivoluzione “qui e ora” come te; perdonaci se non siamo state capaci di comprendere che una come te non avrebbe mai potuto accettare uno stupido assistenzialismo, perdonaci se non eravamo pronte a lottare al tuo fianco… e personalmente ti chiedo scusa se anche il “fantastico mondo dei/lle compagn*” di cui tanto ti avevo parlato si è dimostrato ancora troppo “immaturo” per convivere con te e la tua grandezza incontenibile.
L’unico specchio della mia casa è ancora uno dei 20 che mi ha regalato (la sua casa piena di specchi… e i ventagli cinesi ovunque…ahaha!), e ogni volta che mi guardo in questo specchio spero che almeno un piccolo riflesso della sua forza e del suo orgoglio mi entri dentro.
Ornella mi ha insegnato a “guardarmi onestamente allo specchio”… non le ho mai detto grazie ma so che lo sapeva o almeno lo spero, sapeva quanto ero e sono felice di averla incontrata, ho il rimorso di ogni momento perso con lei, delle cose non dette, ho il rimpianto che lei non sia ancora qui, ne avrei bisogno io, e di sicuro ne avrebbe tanto bisogno questo paese… Ne avrebbero bisogno i tanti che non l’hanno conosciuta e usano con leggerezza la parola trans o puttana senza aver mai conosciuto “la Dignità di una puttana”, senza mai essersi chiesti quanto coraggio ci vuole ad andare controcorrente da sola, quanta forza ci voglia per essere puttana per se stessa e non per gli altri.
http://www.youtube.com/watch?v=SDsxkQk6DWw
“Once I wanted to be the greatest/No wind of waterfall could stall me/And then came the rush of the flood/Stars of night turned deep to dust”
“Greatest” di Cat Power riesco difficilmente ancora oggi ad ascoltarla, è la canzone che partì quando dalla sala di proiezione uscirono le amatriciane con gli sguardi pieni di lacrime e io vidi chiaramente l’immagine di Ornella che le guardava e sorrideva, per la prima volta solo con amore.
Quel solo amore che la vita ha quasi sempre voluto negarti perché è duro ammettere che a te ha riservato sempre troppo, sempre un’infinità di pregiudizi e inadeguatezza… anche da parte mia, anche da parte nostra… Mentre tu hai riservato al mondo davvero una gran bella lezione di coraggio e autodeterminazione. Ornie è con te che ho davvero compreso quanto è difficile essere donna e femminista davvero, e quanto non sia importante il genere ma il sangue, quanto sia fondamentale comprendere e accettare che fortuna sia l’esser nati/e semplicemente ribelli.
Grazie ancora Ornie …
– 4 maggio 2008 “Ciao Ornella”
– Donne non si nasce, si diventa. La nostra leonessa Ornella
– La strega da bruciare