PRECARIAMENTE DONNE

“Precario, da prece, è chi prega per ottenere, per esempio, un lavoro come una grazia!”

Questo scritto è una bozza di alcune riflessioni (individuali e/o collettive) sulla precarietà fatte con A/matrix.

1)In quali contesti/attività utilizzi il termine lavoro?
Molte fra noi lavorano all’interno degli ambiti universitari dunque è purtroppo quasi inutile aggiungere, che tutte siano assolutamente precarie, dove per precarie troppo spesso si intende addirittura lavoro non retribuito! Ma non è un parametro che purtroppo appartiene esclusivamente al mondo universitario, io personalmente lavoro in un ambito ben diverso, lavoro come montatrice video, e il criterio è lo stesso, ho cominciato lavorando per ben due anni senza percepire alcun guadagno.
Questo direi che è un primo cambiamento interessante per il concetto di lavoro: il lavoro non è più necessariamente retribuito monetariamente.
Ma il lavoro non retribuito le donne lo conoscono bene, già trent’anni fa alcune femministe rivendicavano, in attesa della sua socializzazione, il salario per il lavoro domestico. Il lavoro di cura e ri-produzione continua purtroppo ancora oggi a non essere considerato come “lavoro” e soprattutto continua ad essere svolto esclusivamente dalle donne.
(E anche quando il lavoro di cura viene esternalizzato alle donne migranti, e quindi monetarizzato, resta immutata comunque la caratteristica della divisione sessuale del lavoro; questa forma del lavoro è l’unica che non sia strutturalmente cambiata.)
Dagli anni ’70 ad oggi, se si è prodotta la cosiddetta “femminilizzazione” del lavoro, non si è verificata però una “maschilizzazione” del lavoro di cura e di ri-produzione.


Questo significa che nonostante nel discorso politico corrente sia diffusa la consapevolezza di come le caratteristiche tipiche del lavoro “riproduttivo”, cosiddetto “femminile”, siano state imposte ed assimilate nella gran parte del lavoro comunemente considerato “produttivo” e siano divenute il paradigma della precarietà (che esige capacità relazionali, disponibilità e reperibilità assolute, mancata distinzione tra tempi di lavoro e tempi di vita, flessibilità), si continua a voler ignorare come non sia avvenuto il contrario. Non solo la maternità continua ad essere la prima causa di abbandono del lavoro, ma soprattutto le statistiche dicono che solo un padre su dieci si occupa dei figli in età prescolare.

2)     Quanto investi nel tuo lavoro? Trovi che il tuo investimento sia cambiato nel corso del tempo?
Purtroppo oggi quello che investiamo nel lavoro, come tempo e come energie, non è quello che desideriamo investire ma quello che “necessariamente” dobbiamo investire: ritrovandoci in situazioni in cui il compenso monetario è basso se non inesistente e senza alcuna garanzia, siamo costrette  a quella che si può definire “l’autonomia della lavoratrice”, parafrasando con accezione negativa il lavoro autonomo, intendendo la capacità individuale di costruirsi un modello frammentato di ambiti lavorativi che in qualche modo permettano la “sopravvivenza”. Il che descrive tempi divisi a fatica tra uno stage e una collaborazione a varie testate giornalistiche, piuttosto che, in situazioni come la mia, giornate divise tra un documentario e uno spot aziendale nelle ore notturne.

3)    Qual è il rapporto tra desiderio e lavoro, desiderio e denaro?
Di conseguenza il lavoro ci affatica sempre più, rifacendomi alle mie origini direi che il lavoro sta divenendo sempre più simile al lavoro come definito nel dialetto napoletano: lavoro in napoletano si dice “fatica”,  affatica ciò che stanca
e lo sfruttamento è innegabilmente qualcosa che stanca perché è sempre sinonimo di frustrazione.

IL 24 NOVEMBRE E’ ANTIFASCISTA E ANTIRAZZISTA !!!

COMUNICATO SULLA
MANIFESTAZIONE DEL 24 NOVEMBRE 2007 CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE SULLE DONNE

Aderire ad una manifestazione significa
condividerne i contenuti, le pratiche, le finalità.

La manifestazione di sabato 24 novembre
non è una manifestazione contro una “generica” violenza sulle donne, i cui
autori si vogliono ancora non “nominare”. E’ una manifestazione contro la
violenza “maschile” sulle donne. Continuare ad indicare il “sesso” delle
“vittime” e non anche quello degli autori della violenza, cioè “gli uomini”,
significa perpetuare una logica di disconoscimento e di rimozione della
realtà.

La violenza maschile contro le donne è
una realtà drammatica e, purtroppo, è presente, non nelle “pieghe più nascoste
della nostra società”, bensì in quelle più visibili: la famiglia. Più del 68%
della violenza maschile sulle donne avviene tra le mura domestiche e gli autori
sono i loro mariti, conviventi, ex partner, padri, fratelli, comunque uomini
conosciuti! Nel 94% dei casi non è denunciata.

Per questi motivi, rifiutiamo l’adesione
alla manifestazione del 24 novembre e la strumentalizzazione di questa giornata
da parte dell’UGL e degli altri soggetti politici che hanno aderito al
Family Day, che disconoscono l’autodeterminazione delle donne e sostengono le
politiche razziste, familiste e ostili al riconoscimento dei diritti e della
libertà di lesbiche, gay e trans della destra reazionaria, rilanciate in
grande stile anche da un governo che si definisce di sinistra.

Queste politiche rappresentano la
cancellazione della libertà femminile, unico possibile fondamento
dell’eliminazione definitiva di ogni forma di violenza contro le donne.
Ribadiamo qui e ora la nostra incompatibilità con chiunque porti avanti scelte
e pratiche politiche opposte ai nostri percorsi e all’affermazione
dell’autodeterminazione e della libertà delle donne in ogni ambito.

Nel
riaffermare l’autonomia politica e la forza delle pratiche politiche delle
donne, sosteniamo con forza e determinazione, il nostro essere antifasciste,
antirazziste e antisessiste, nei contenuti e nella lotta.

 

I
collettivi della rete Controviolenzadonne: A/matrix, Assemblea femminista
via dei volsci 22, Centro Donna L.i.s.a., Feramenta, Infinite
voglie, La mela di Eva, Luna e le Altre, Martedì autogestito da
femministe e lesbiche, Ribellule

IL FALLO ERETTO è simbolo della violenza

La società patriarcale è basata sul rapporto autoritario-sfruttatore e la sessualità è di tipo sado-masochista. I valori del potere, del dominio dell'uomo sull'altro, si riflettono nella sessualità dove storicamente la donna viene data all'uomo per il suo uso. Anche il linguaggio sessuale incorpora questo concetto: non a caso si dice che l'uomo "prende" la donna e lei "si dà" a lui, oppure che l'uomo "possiede" la donna. L'idea della donna come proprietà dell'uomo è basilare alla sua oppressione ed è spesso l'unica proprietà permessa dagli uomini dominanti agli uomini che loro sfruttano. La stessa espressione "classe proletaria" significa "colui che possiede la prole" e va da sé che significa anche "colui che possiede il mezzo" ossia la donna per produrre la prole. In altre parole la donna viene data all'uomo (sfruttato) come compenso per il suo stato di nullapossidente. Inoltre le frustrazioni dell'uomo come essere subordinato in un rapporto di potere vengono attenuate dalla possibilità di trasformarsi da oppresso in oppressore. Il mutamento della sessualità in un modello sado-masochista di potere e di sottomissione, vuol dire che in effetti nel mondo maschile quella che viene definita ''sessualità" altro non è che perversione. La frigidità maschile, ossia l'impossibilità di esprimere un'autentica sessualità è fondamentale per questa perversione. L'uomo tenta di mascherare questa sua frigidità attraverso un comportamento definito "virile" e "attivo" e che in realtà è un concetto ideologico per mistificare la violenza.

Nella società patriarcale la virilità è uguale alla violenza.

Il simbolo della virilità, IL FALLO ERETTO, è quindi simbolo della violenza.

Vignetta del "compagno proletario" Vauro_21 ottobre 2007 

LA SPACCAFAMIGLIE ATTERRA AL ROMA_PRIDE

Dopo aver combattuto il Family Day a Roma,
 
Dopo aver sorvolato la Conferenza sulla famiglia a Firenze,
 
Dopo aver insidiato la malefica coppia Bush-Benedetto XVI, che trama contro la libertà e l’autodeterminazione delle donne,
 
Atterra al Roma Pride la SPACCAFAMIGLIE!
 
Misteriosa supereroa, la nostra combatte sempre ed ovunque una battaglia senza quartiere contro la sua acerrima nemica, la Famiglia, che terrorizza quant@ vogliono
autodeterminarsi, non accettano ruoli, sono in fuga dal dogma dell’eterosessualità,
hanno a volte perfino l’ardire di pensare che la coppia non sia un destino
né l’unico ambito delle proprie relazioni affettive.
La SPACCAFAMIGLIE usa i suoi superpoteri contro i diabolici piani della
Famiglia: la perpetuazione della divisione sessuale del lavoro, l’imposizione
della maternità come destino biologico per le donne, la conservazione dei
modelli di maschile e femminile.

La SPACCAFAMIGLIE si muove tranquilla nella notte per le vie della città
perché sa che il luogo più pericoloso, quello dove si compiono la maggior parte delle
violenze contro le donne, non è certo la famigerata strada, bensì il focolare
domestico, il quartier generale della sua mortifera nemica.
La SPACCAFAMIGLIE combatte al fianco di chi ovunque si ribella alla violenza sessuata, lesbofobica, omofoba e transfobica.

 
La SPACCAFAMIGLIE non è un’eroa solitaria…diventa anche tu un@ Spaccafamiglie.

ROMA_16 GIUGNO Ple OSTIENSE ORE 16

Sul Trambus che si chiama precarietà qualcuno paghi il biglietto al futuro delle lavoratrici

di Beatrice Busi

Roma, stazione Termini. Ci incontriamo di fronte all'infobox di Trambus Open Spa. Paola lavora lì. Con lei c'è Tatiana che da un anno lavora a partita Iva sul 110 e gli altri bus turistici dell'azienda comunale. Paola, invece, è una delle quattro lavoratrici a tempo indeterminato della cooperativa Irs Europa, quella che ha l'appalto per il servizio. Ci raggiungono anche Ilaria, che ha un contratto a tempo determinato ed Elisa, anche lei partita Iva. Da mesi sono in agitazione, il 10 maggio hanno scioperato per tutto il giorno, adesione al 100 per cento. Ci prendiamo un caffè e ci facciamo una lunga chiaccherata.
I numeri parlano già molto chiaro. La Trambus Open Spa, figlia per il 60 per cento di Trambus Spa, l'azienda comunale che gestisce il trasporto pubblico della capitale, porta in giro 700 mila passeggeri all'anno su 60 autobus. Solo la linea 110 effettua 96 corse giornaliere, per un costo del biglietto che va dagli 8 ai 13 euro. Il presidente di Trambus Open, ma anche di Trambus, è Raffaele Morese, ex segretario confederale della Cisl. Gli autisti di Trambus Open sono circa 70, ed inspiegabilmente hanno il contratto dell'autonoleggio anzichè quello nazionale degli autoferrotranvieri. Per ognuno di questi autobus è obbligatoria la presenza di una "hostess" che vende i biglietti ed assiste i passeggeri a bordo, mentre a terra altre ragazze svolgono il servizio informazioni. In tutto, le lavoratrici sono circa 55, meno di 10 sono dipendenti non socie della cooperativa, mentre le altre svolgono "prestazioni professionali" a partita Iva. Niente ferie, niente malattia, niente articolo 18. Niente indennità di cassa. E' la quotidianità. Se c'è un ammanco di soldi o un disservizio che causa la richiesta di rimborso del biglietto da parte dei passeggeri, ci rimettono di tasca propria. Se 10 autisti si ammalano, 10 vetture non viaggiano e 10 ragazze non lavorano e non vengono pagate. Sembra una storia di ordinaria precarietà, ma quello che colpisce subito di queste donne, 25 anni di media, è la grande consapevolezza e la determinazione. Sono arrabbiate, hanno "coscienza di gruppo" e molta voglia di raccontare la loro esperienza.