Fino ad ora, colpevolmente e per affezione personale, ho interpretato il silenzio sulla violenza di genere da parte del Movimento e della sinistra antagonista come una “distrazione” non totalmente volontaria, uno dei tanti silenzi che ci trasciniamo a causa del “sovraccarico militante”. Ho sempre affermato in ogni occasione la convinzione che comunque era ed è una grave mancanza, anche perchè i luoghi di movimento sono permeati da machismo e sessismo, magari in maniera un po’ più velata che altrove, ma neanche troppo…
 
Mi sono interrogata a lungo quanto l’escludere “i maschi” dal famigerato corteo del 24 novembre era giusto, e tra le tante risposte ne è valsa già solo una: che, proprio come per la precarietà e la may day, i/le compagni/e sanno bene che le lotte non si costruiscono solo con i momenti di piazza ma o si vivono quotidianamente …o niente….
 
La reazione espressa, sia dal comunicato stampa che dai vari blog e media indipendenti, alla violenza sulla ragazza romana durante la conclusione della MayDay milanese mi lascia davvero basita e mi spiaccica in faccia ciò che temevo.
 
Tutti i compagni sono a preoccuparsi che l’ “oggetto MayDay” non venga violato e infangato, o tutti a dire “è vero forse gira troppo speed …” (e qui parte l’insulsa sfilata con agli estremi bacchettoni e fattoni) o al massimo la discussione arriva a se è stato giusto consegnare lo “stupratore migrante irregolare” alla polizia “noi che siamo contro carcere e repressione e cpt e…”. I pochi che si “ricordano” della ragazza stuprata hanno come massima preoccupazione stabilire “QUANTO sia stata violata”!!

Lo so, sono spietata:  ma, leggendo le varie esternazioni, tristemente sono arrivata addirittura a chiedermi quanto invece, anche con i compagni, funzionerebbe il concetto per cui  “…potrebbe essere tua sorella, la tua compagna…”: allora almeno forse se ne ricorderebbero per il concetto di “propria donna”?
 
Personalmente mi costa davvero tanto (ma tanto) dover ammettere che non noto alcuna differenza da come i media mainstream blaterano e reagiscono quotidianamente alla violenza maschile sulle donne… è sempre un costruire-labirinto per sfuggire colpevolmente dal fulcro, dal soggetto, da quella studentessa romana, da “una donna” e anche dall’altro soggetto “un uomo”: era ubriaca, era un povero proletario che ha diritto alla sessualità, lo dovevate consegnare o no alla ps…  Ma uno!!…dico uno, che parli della ragazza, di quanto è ingiusto e atroce quello che ha subito? Di quanto questo accada quotidianamente per la cultura imperante, di cui quell’egiziano come Anche gli antagonisti di sinistra e i centro socialari sono impregnati?
 
E poi che la violenza avvenga fuori o dentro i nostri cortei e/o i nostri spazi, questo non giustifica il vostro silenzio!! Nessuno si è mai chiesto perché ci battiamo da anni per una terra lontana come la Palestina, non tutti siamo migranti, eppure la nostra rabbia è sempre stata anche lì! Io mi chiedo perché sia possibile sentirsi Palestinese, sentirsi migrante e sia così difficile sentirsi una donna che in ogni luogo ha un conflitto perenne, che persino in cortei e centri sociali deve portarsi amiche-bodyguard pur di potersi bere un paio di birre in più o mettersi una gonna!
 
La risposta o è politica o non è una risposta!
Spiegatemi politicamente perché la lotta al capitalismo è così lontana o più importante dalla lotta al sessismo e per il diritto alla diversità.
 
La mia intenzione non è fare il processo al Movimento, tanto meno alla MayDay, entrambi hanno limiti e carenze di cui siamo tutti/e responsabili (e le conseguenze le vediamo/viviamo quotidianamente).
Esattamente come siamo tutti/e coinvolti/e  e responsabili non solo della violenza avvenuta al Castello Sforzesco ma di tutte le violenze che avvengono.
 
Ora che pubblicamente la violenza dei maschi sulle donne è anche nei nostri cortei, io PRETENDO che i/le compagni/e aprano seriamente una riflessione collettiva e politica. Non possiamo ancora permetterci di giudicare la violenza sulle donne un problema delle femministe o tuttalpiù dei “maschi cattivi che non vengono ai nostri cortei”.
 
Anche perché purtroppo ho la certezza che i compagni non sono totalmente avulsi da una cultura maschilista, proprio come tutte le compagne non hanno ancora fatto un serio percorso di coscienza sul problema, ma da loro mi sarei aspettata una maggiore attenzione, da loro pretendo una sensibilità e una capacità di analisi diversa… Pretendo che si chiedano “definitivamente” se considerano la violenza maschile sulle donne un problema politico e culturale o no…
 
Si sa…  “la coltellata” che ti dà chi è al tuo fianco è molto più dolorosa, e per certi versi più grave, di quelle che quotidianamente ti sferra il nemico: per me, ora più che mai, ha più importanza la risposta chiara e consapevole da parte dei maschi e delle donne e dei luoghi che da anni sono al mio fianco e che da anni vivo… prima che una risposta da Repubblica o da altro/e/i ….
 
Altrimenti ho seri dubbi che potrei ancora partecipare con fermezza, convinzione, passione (nonostante i limiti di sempre) a cortei, assemblee, feste di csoa e mayday….

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