"Tre anni e 4 mesi di pena più cinque anni di interdizione dai pubblici uffici" è l’incredibile sentenza di primo grado per l’accusa di “estorsione di pummarole”, riferita a nove attivisti della rete dei ‘Comitati per la IV settimana’.
I fatti: Nel 2004 oltre 200 precari realizzarono un presidio contro il carovita dentro l’ipercoop di Afragola. L’iniziativa si iscriveva in una campagna pubblica nazionale contro il carovita e per il diritto al reddito, che coinvolse, in decine di iniziative, i sindacati di base, i centri sociali, i collettivi e i movimenti dei disoccupati,dei precari e delle precarie. Si apriva lo scontro politico su un tema, quello del diritto al reddito, la cui centralità è oggi sempre più evidente rispetto alla qualità della vita e della democrazia nel nostro paese. Il presidio si concluse con la messa a disposizione volontaria, da parte della direzione aziendale, di pasta e pelati distribuiti gratuitamente agli stessi clienti del supermercato per un valore complessivo, calcolato dalla stessa Ipercoop, di circa 350 euro. L’iniziativa nacque spontaneamente e il tutto si svolse in forme assolutamente pubbliche e pacifiche, tanto che furono diffuse ovunque le immagini della protesta per pubblicizzarne ulteriormente i contenuti.

Pochi mesi dopo, del resto, la stessa direzione dell’Ipercoop accettò di intavolare con i Comitati per la Quarta Settimana una contrattazione che definì e rese fruibile un elenco di prodotti di vario genere a prezzi calmierati. Eppure si è aperto questo incredibile procedimento giudiziario che arriva oggi alla sentenza di primo grado con la condanna per “estorsione aggravata dal numero di persone”. Come nel Processo per un’altra protesta contro il carovita, attuata il 6 novembre 2004 a Roma, sconcerta l’assoluta sproporzione e la gratuità del reato ipotizzato e delle pene previste rispetto alle caratteristiche concrete delle azioni messe in campo!

*Il viaggio ai confini della realtà dela IV sezione del tribunale di Napoli
si è concluso!
"Tre anni e 4 mesi di pena più cinque anni di interdizione dai pubblici uffici" è infatti l’incredibile sentenza di primo grado per l’accusa di “estorsione di pummarole”, riferita a nove attivisti della rete dei ‘Comitati per la IV settimana’ (fra essi XXXXX XXXXXX del lab. Ska, XXXXXXXXX
XXXXXX, XXXXXXX XXXXXX e XXXXXXXXXXX XXXXXXXXXX del movimento precari della Rdb).

_I fatti_: Nel 2004 oltre 200 precari realizzarono un presidio contro il carovita dentro l’ipercoop di Afragola. L’iniziativa si iscriveva in una campagna pubblica nazionale contro il carovita e per il diritto al reddito, che coinvolse, in decine di iniziative, i sindacati di base, i centri sociali, i collettivi e i movimenti dei disoccupati,dei precari e delle precarie. Si apriva lo scontro politico su un tema, quello del diritto al reddito, la cui centralità è oggi sempre più evidente rispetto alla qualità della vita e della democrazia nel nostro paese.

Il presidio si concluse con la messa a disposizione volontaria, da parte della direzione aziendale, di pasta e pelati (!) distribuiti gratuitamente agli stessi clienti del supermercato. Il valore della merce, calcolato dalla stessa azienda, è di circa 350 euri… L’iniziativa nacque spontaneamente dalla dirigenza aziendale per venire incontro ad una protesta che evidentemente si riteneva nuocesse all’immagine dell’Ipercoop. Il tutto si svolse in forme assolutamente pubbliche e pacifiche, tanto che furono diffuse ovunque le immagini della protesta per pubblicizzarne ulteriormente i contenuti.

Pochi mesi dopo, del resto, la stessa direzione dell’Ipercoop accettò di intavolare con i Comitati per la Quarta Settimana una contrattazione che definì e rese fruibile un elenco di prodotti di vario genere a prezzi calmierati. (In allegato i manifesti della stessa Ipercoop che furono affissi anche un anno dopo all’interno del supermercato).

Eppure si è aperto questo incredibile procedimento giudiziario che arriva oggi alla sentenza di primo grado con la condanna per “estorsione aggravata dal numero di persone”.
Come nel Processo per un’altra protesta contro il carovita, attuata il 6 novembre 2004 a Roma, sconcerta l’assoluta sproporzione e la gratuità del reato ipotizzato e delle pene previste rispetto alle caratteristiche concrete delle azioni messe in campo!
In una città come Napoli, dove il concetto di estorsione richiama ben altre pratiche e ben altri poteri, ad essere colpite sono ancora una volta le istanze sociali, penalizzate dall’assenza di qualunque politica in sostegno dei redditi e ora anche criminalizzate nelle aule dei tribunali.

Per questo facciamo appello ai precari, ai movimenti, alle associazioni, alle forze sinceramente democratiche a esprimere il proprio dissenso contro la criminalizzazione delle lotte sociali e rilanciare la battaglia per i diritti dei precari e delle precarie calpestati dal carovita e da una legislazione (legge 30, pacchetto Treu) che anche questo governo ritiene evidentemente intoccabile!

 

[[[

SAN PRECARIO VA A FAR LA SPESA_

Guarda il video dell’iniziativa precedente della rete per il reddito al Carrefour di Casoria :

http://www.ngvision.org/mediabase/337 

]]] 

 

da Repubblica

Se il caroprezzi va in tribunale
di Sergio Piro, Salvatore Verde, Dario Stefano Dell´Aquila

La condanna a 3 anni e 4 mesi, con l´accusa di estorsione ad otto
militanti dei comitati della IV settimana, ha suscitato interesse
mediatico solo perchè tra questi vi è Francesco Caruso, oggi
parlamentare di Rifondazione comunista. Eppure questa condanna solleva
questioni di importanza generale. Il fatto è noto. I comitati IV
settimana, nati per evidenziare le difficoltà  delle famiglie italiane
ad arrivare a fine mese, organizzano, nell´ottobre 2004, una giornata
di protesta. Una manifestazione di circa 300 persone, tutte a volto
scoperto, pacificamente e serenamente, organizza la protesta dinnanzi
all´Ipercoop di Afragola, distribuisce volantini tra i clienti, parla
con la direzione, pone il problema dei prezzi. La direzione, dopo
l´incontro con la delegazione di manifestanti, distribuisce tra i
clienti in fila alcuni pacchi di generi alimentari per un valore di 350
euro. Nessuno dei manifestanti ha tratto beneficio da questa
distribuzione.
Successivamente la stessa Ipercoop ha organizzato
giornate in cui alcuni generi alimentari sono stati venduti a prezzi
contenuti. Che si condivida o meno questa forma di protesta, almeno
due cose sono innegabili.
Che si è trattato di una manifestazione pacifica e simbolica di carattere politico.
Che la questione posta, quella della difficoltà  economiche di milioni di famiglie, è un dato di
certa e triste realtà. I dati Istat sulla povertà , pubblicati, ironia
della sorte, il giorno dopo la sentenza, parlano di sette milioni e mezzo di persone povere o a rischio povertà .
Questa evidenza dei fatti è stata diversamente interpretata dai giudici. Per loro, penalmente,
non vi è differenza tra l´esponente del clan che minaccia un
commerciante per il pizzo e un gruppo di militanti che organizzano una
protesta sui prezzi. E’ allo stesso modo estorsione. Il pubblico
ministero aveva addirittura proposto sei anni di reclusione.
Forse allora una breve riflessione andrebbe fatta. La prima è che il nostro
sistema penale è, ci si perdoni la semplificazione, debole con i forti
e forte con i deboli. Questa condanna, che presenta un evidente
sproporzione tra il fatto e la pena comminata (sono stati comminati
complessivamente 27 anni di reclusione per 350 euro di generi
alimentari) è significativa della distanza che intercorre, nelle aule
dei nostri tribunali, tra la giustizia e la legge. Ciò nonostante, non
si riforma il codice penale, approvato nel 1932, in piena era
fascista. Ciò nonostante anche animati dalla migliori intenzioni molti
esponenti della società  civile, forse poco consapevoli del modo in cui
funzionano, sembrano voler risolvere i problemi sociali nelle aule dei
tribunali.
La seconda riflessione è che gli spazi di critica e delle
manifestazioni di dissenso civile si sono progressivamente ridotti, in
virtù di una ideologia securitaria che di volta in volta individua il
nemico di turno nel vagabondo, nel rom, nel lavavetri, nell´immigrato.
La progressiva riduzione dello stato sociale ha portato ad una
espansione dello stato penale, senza peraltro che i poteri criminali
delle organizzazioni mafiose siano stati minimamente intaccati. Troppo
spesso nei meccanismi penali non finiscono solo le fasce deboli, ma
anche chi cerca di difendere i loro diritti, come ad esempio nel caso
delle lotte dei senza casa a Roma.
Non sfugge a nessuno che il problema del contrasto alla povertà e all´impoverimento, uno dei temi
centrale di queste forme di protesta, è materia di discussione per
addetti ai lavori, ma è assente dal dibattito politico e dall´azione di
governo.
Tutt´al più si discute di ridurre e non di estendere le garanzie del welfare e dello stato
sociale. Punire chi cerca nella propria azione politica di mettere al centro i diritti e i bisogni
delle fasce più deboli ci sembra il segno di una manifesta crisi di democrazia e il segno evidente

dell´impotenza della politica a dare risposte concrete.